Gitta Sereny

In quelle tenebre

Gitta Sereny

Adelphi 1975 Prima edizione
Collana La collana dei casi
Brossura editoriale, in 8vo, pp. 519; alcune illustrazioni e disegni in b/n
Copertina con residuo di etichetta al dorso e segni d’uso, dorso imbarcato, legatura salda, pagine bene; timbro da biblioteca estinta al frontespizio e timbrini interni. Vedere corredo fotografico

6,00

Esaurito

Descrizione

Le tenebre a cui ci introduce questo libro sono quelle che circondano gli uomini a cui fu affidato lo sterminio degli ebrei. Al centro di esse è la figura di Franz Stangl, oscuro poliziotto austriaco che, attraverso una carriera ‘normale’ e agghiacciante, divenne capo del campo di Treblinka, in Polonia, dove più di un milione di persone trovò la morte. Gitta Sereny ebbe con lui una lunga serie di colloqui nel 1971, nel carcere di Düsseldorf – e poche ore dopo l’ultimo di questi colloqui Stangl moriva d’infarto. All’inizio, sospettoso, poi sempre più aperto nel ricordare la sua vita, Stangl disegna già con le sue risposte un profilo incancellabile di sordido ‘uomo d’ordine’, obbediente a un’etica del «lavoro ben fatto», coinvolto passo per passo, prima nel cosiddetto «programma di eutanasia», con cui Hitler negli anni 1939-1941 si era proposto di eliminare pazzi e minorati, infine nella messa in atto del genocidio degli ebrei. Ma non è solo una nuova immagine della insondabile ‘mediocrità del male’, contrassegno del nostro tempo, quella che Stangl ci fa apparire: con lo stesso puntiglio che aveva dedicato anni prima a eseguire, in uniforme bianca da cavallerizzo, ciò che riteneva suo «dovere», Stangl dà qui concretezza all’orrore: forse mai come nella sua descrizione di Treblinka è apparso con tale evidenza il funzionamento della macchina infernale dei campi di sterminio.
Gitta Sereny ha voluto poi controllare in ogni particolare la testimonianza di Stangl: con un meticoloso e testardo lavoro d’incastro, ha interrogato la moglie e le figlie, ha seguito le tracce di molti colleghi di lui nelle SS, spesso insolenti nella loro sicura immunità, infine ha ritrovato i pochissimi sopravvissuti di Treblinka, che qui rievocano la famosa rivolta del campo. Leggendo queste sorprendenti conversazioni, si ha talvolta l’impressione di perdersi in un labirinto di menzogne, reticenze, ambiguità e silenzi, da cui sembra impossibile evadere, come se le cose di cui si parla non potessero non restare incommensurabili e velate. Ed è questo, forse, uno dei segni più sicuri della veridicità di questo libro, lettura sconvolgente che non si riesce ad abbandonare.
Ma, oltre che raccogliere preziose testimonianze, il libro della Sereny contiene anche una gravissima denuncia. Nel corso della sua ricerca, infatti, sono emerse le prove non solo della passività ma dell’acquiescenza della Chiesa cattolica verso il nazismo almeno in due occasioni: la prima è il «programma di eutanasia», che fu conosciuto e non condannato, anche se il parere della Chiesa era stato chiesto da Hitler, che ne temeva le reazioni; la seconda è la fuga di nazisti dall’Europa subito dopo la fine della guerra: fuga che, non solo nel caso di Stangl ma di numerosi altri, avvenne con l’aiuto di alte autorità ecclesiastiche a Roma.

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