Ludovico Ariosto

Lettere dalla Garfagnana

Ludovico Ariosto

A cura di Gianni Scalia
Nuova Universale Cappelli 1977
Brossura editoriale, in 16mo, pp. 209
Volume ottimo, compatto, nessun segno d’uso, probabilmente mai sfogliato

8,00

Esaurito

COD: S13.468/800 Categorie: , ,

Descrizione

Delle 213 lettere conosciute di Ludovico Ariosto, due terzi buoni sono del periodo del Governatorato in Garfagnana, del triennio 1522-25.
Può darsi che la lettura liberamente compiuta dal curatore di questo piccolo libro», e che gli è stata, per non poche ore successive, di compagnia appassionata, quasi «de chevet, abbia giocato troppo a favore: ma non riesce, il suddetto lettore, e insieme anche ad altri, specialisti, a non riconoscere in queste lettere da lontano le più belle, e vive, partecipi e rivelatrici della vita, non solo pubblica, del poeta. Quel triennio tormentoso è certo il peggiore della sua esistenza, lontano dalla casa, dalla sua Alessandra, dalla sua intimità con la realtà domestica del suo «terroir» e dei suoi affetti più veri, come dall’intimità con le sue invenzioni e fantasmi narrativi eppure, in tanta noia e disinganno (sulla possibilità di « governare uomini, anziché « 0ttave», dato che ne sia costretto). in tante difficoltà fomentate da ogni genere di contrasti politici e di parte, di disordini amministrativi e legislativi, di discordie intestine e di liti confinarie, di criminalità endemica, di complicità diverse alla base e di inerzia colpevole del Centro… il povero ducalis commissarius fa tutto il suo dovere, mantiene il suo sangue freddo, e per quanto può, il polso del governatore, ‘impegno e la volontà « riformatrice», moderatrice e pacificatrice. Fa il suo dovere, in ogni modo possibile, con serietà, con inesauribile (ed esausta) dedizione, facilmente disingannata; cercando di riparare torti, aiutare i deboli contro i potenti e i soprusi, prodigandosi con ogni mezzo, e ne ha tanto pochi, per la pace e l’unione» della tormentata Garfagnana. Alla fine, non ci riesce. Non può riuscirci. E, in questa lunga via crucis di governatore, finisce per vivere sdoppiato, costretto alla duplicità »; tra l’impegno per la giustizia e la stanchezza delle disillusioni continue, i tentativi del riformatore, pure disarmato, e le tentazioni del disimpegno, il senso del dovere e dell’obbedienza all’officio e la dignità continuamente offesa,
l’autorità continuamente lesa. E chiede di essere esonerato dall’incarico. lo confesso ingenuamente, ch’io non son homo da governare altri huomini.
La sua vocazione è un’altra: quella della poesia. Dopo tre anni di martirio, torna a casa. Alla sua casa, alla sua Alessandra, al suo figliolo, al suo poema». E, forse, non solo alla poesia. Così sia.
G. S.

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