Storie naturali – Vizio di forma

8,00

Euroclub 1989
Copertina rigida con sovraccoperta illustrata, in 8vo, pp. 360
Ottime condizioni, fisiologica giallitura carta

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Descrizione

Presentati per la prima volta sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila, i quindici «divertimenti» di Storie naturali ci invitano a trasferirci in un futuro sempre più sospinto dalla molla frenetica del progresso tecnologico, e quindi teatro di esperimenti inquietanti o utopistici, in cui agiscono macchine straordinarie e imprevedibili. Eppure non è sufficiente classificare queste pagine sotto l’etichetta della fantascienza. Vi si possono trovare satira e poesia, nostalgia del passato e anticipazione dell’avvenire, epica e realtà quotidiana, impostazione scientifica e attrazione dell’assurdo, amore dell’ordine naturale e gusto di sovvertirlo con giochi combinatori, umanesimo ed educata malvagità. Ci pare tuttavia che il miglior modo di presentarle sia riportare uno stralcio di una lettera dell’autore: «Parlare dei miei racconti mi mette in un certo imbarazzo; ma forse la stessa descrizione ed analisi di questo imbarazzo potrà servire a rispondere alle sue domande. Ho scritto una ventina di racconti e non so se ne scriverò altri. Li ho scritti per lo più di getto, cercando di dare forma narrativa ad una intuizione puntiforme, cercando di raccontare in altri termini (se sono simbolici lo sono inconsapevolmente) una intuizione oggi non rara: la percezione di una smagliatura nel mondo in cui viviamo, di una falla piccola o grossa, di un “vizio di forma” che vanifica uno od un altro aspetto della nostra civiltà o del nostro universo morale. Certo, nell’atto in cui li scrivo provo un vago senso di colpevolezza, come di chi commette consapevolmente una piccola trasgressione»
Pubblicati nel 1971, i racconti che appartengono a Vizio di forma ci appaiono oggi muniti di singolari capacità profetiche. Primo Levi li aveva ambientati in un futuro prossimo, che allora sembrava tuttavia abbastanza lontano. Sono passati quindici anni, ed ecco che i divertimenti tecnologici e gli apologhi di Levi hanno finito in qualche caso per superarci, e li possiamo perfino leggere come le cronache del nostro presente di apprendisti stregoni, sempre meno capaci di controllare le forze che abbiamo scatenato. Ecco Levi descrivere le atroci meraviglie dello knall, il cilindretto che dà la morte istantanea senza emorragia, e si vende «sciolto o a scatole di venti»; le inquietanti caratteristiche dell’acqua viscosa, che appesantisce lentamente la vita vegetale e animale sino alla morte; la rivolta delle piante, che decidono di non purificare più l’aria per l’uomo; o ancora la punizione che attende i due giovani sposi che si son fatti tatuare sulla fronte delle scritte pubblicitarie. In quello che è forse il racconto più bello della raccolta, uno scienziato cerca nei lemming, i roditori che un misterioso impulso spinge al suicidio, e nei componenti di una tribù brasiliana in via di estinzione, la risposta al perché si atrofizzi, negli animali e nell’uomo, la volontà di vita. I racconti di Levi non si abbandonano tuttavia a voluttà apocalittiche e catastrofizzanti. Al contrario, il loro autore continua a professare un sostanziale ottimismo nelle capacità razionali dell’homo faber di ribaltare situazioni largamente Compromesse. Ma al di là di una banale disputa fra ottimisti e pessimisti, questi racconti confermano a quali felici risultati abbia portato in Levi la doppia componente scientifica e letteraria della sua ispirazione.

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