Descrizione
Che sicurezza sarebbe mai quella imposta con la violenza, il sopruso, la vendetta, la violazione dei principi costituzionali? Se quella in cui siamo scivolati è un’emergenza, essa non ha il nome di un’etnia ma quello della nostra civiltà.
“Le preoccupazioni che anche recentemente ho avuto modo di esprimere a più riprese sul clima di intolleranza nei confronti degli stranieri non fanno che crescere in queste ultime settimane. (…) Principi fondamentali del diritto nazionale, comunitario e internazionale, come la non discriminazione in base all’appartenenza etnica o religiosa, vengono declassati a secondari di fronte alla percezione di una “emergenza” che, anche se fosse tale e di grave entità, non dovrebbe però mai sospendere le garanzie essenziali della convivenza civile. (…) Ma essere attenti a sentimenti diffusi nella società, ascoltare le paure che emergono, cogliere i bisogni e le richieste avanzate in modi propri e impropri non significa cessare di interrogarsi su cosa e chi le genera, non comporta la rinuncia ai principi fondanti il vivere insieme, non richiede l’abdicazione della ragione e dell’umanità di fronte alla passione emotiva. (…) Ritengo infatti che sia proprio di fronte alle “emergenze”, vere o artefatte che siano, che vengono alla luce le radici autentiche di un tessuto sociale e la solidità di convincimenti etici e religiosi: un orientamento etico e un impianto giuridico non possono essere considerati validi solo in situazioni di ordinaria amministrazione e poi essere accantonati o peggio ancora stravolti dall’insorgere di problematiche inedite o di dimensioni inattese. (…) Dialogando si può e si deve ricercare, inventare, concordare non un ‘minimo comune multiplo’ ma un ideale abbastanza alto per stimolare la dinamica della vita sociale, aprire nuovi orizzonti, offrire speranze alle generazioni future e, nel contempo, sufficientemente realista da poter essere calato con efficacia nel vissuto quotidiano”. (Enzo Bianchi)